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Gennaio 2006 - N°28

Focus - UE - Statistiche - Normativa - News

Normativa

Sanità pubblica

IL SISTEMA SANITARIO INGLESE IN MATERIA DI CURE SANITARIE È INCOMPATIBILE CON IL DIRITTO COMUNITARIO

L.A.Geelhoed



Il 15 Dicembre scorso l’Avvocato generale Leendert Adrie Geelhoed ha presentato le sue conclusioni in merito alla questione pregiudiziale C-372/04 relativa all’incompatibilità col diritto comunitario dell'attuale sistema sanitario inglese, in materia di concessione dell'autorizzazione di cure sanitarie all'estero.

In base al diritto comunitario si ha diritto a ricevere servizi in tutta l'Unione europea. Detti servizi comprendono taluni servizi sanitari.

Il sistema del modello E-112 consente di chiedere l'autorizzazione di viaggiare all'estero allo scopo di ricevere cure sanitarie. L'autorizzazione non può essere rifiutata se le cure di cui trattasi sono normalmente erogate e non possono essere garantite senza indebito ritardo nello Stato membro di residenza. La cassa assicurazione malattia è quindi tenuta a rimborsare la persona in questione per le spese sostenute.

Nel settembre 2002 è stata diagnosticata alla sig.ra Yvonne Watts una osteoartrite che necessitava di una protesi ad ambedue le anche. La figlia della sig.ra Watts ha chiesto l'autorizzazione perché sua madre ricevesse cure all'estero. A seguito di tale domanda, il medico consulente ha dichiarato che la sig.ra Watts necessitava di una protesi alle anche come gli altri pazienti nella sua lista di attesa, che il suo caso era di «routine» e che la stessa avrebbe dovuto aspettare circa un anno prima di poter ricevere le cure.

La domanda di cure all'estero è stata respinta dal Bedford Primary Care Trust (PCT), poiché le cure potevano essere fornite nell'ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale e pertanto senza «indebito ritardo».
La sig.ra Watts, in seguito ad un ricorso giudiziario proposto contro detta decisione, è stata riesaminata dallo specialista verso la fine del gennaio 2003. Questi ha dichiarato che le condizioni dell'interessata erano peggiorate e che la stessa sarebbe stata operata entro i successivi tre o quattro mesi. In seguito a tale riesame il PCT ha rifiutato nuovamente l'autorizzazione per le cure all'estero poiché l'operazione avrebbe potuto ancora essere effettuata dall'NHS in un adeguato lasso di tempo.

Nonostante tale riduzione del tempo di attesa, la sig.ra Watts si è recata in Francia per sottoporsi ad un'operazione ad Abbeville, in data 7 marzo 2003. Una volta tornata, la sig.ra Watts ha proseguito l'azione giudiziaria chiedendo altresì il rimborso delle spese da essa sostenute, per un importo di 3.900 sterline.

Nell'ottobre 2003 l'UK High Court ha respinto il ricorso della sig.ra Watts dichiarando che, anche se i dinieghi del PCT erano stati errati in diritto in quanto avevano affermato che il suo caso esulava dall'ambito di applicazione del Trattato CE, il riesame della sua situazione nei primi mesi del 2003 gli avrebbe permesso di ricevere le cure senza indebito ritardo. Tanto la sig.ra Watts quanto il Secretary of State for Health hanno proposto ricorso in appello dinanzi alla Court of Appeal, la quale ha sottoposto numerose questioni alla Corte di giustizia delle CE.

In primo luogo, l'Avvocato generale ha sostenuto che, contrariamente al punto di vista espresso dal governo britannico, le disposizioni del Trattato CE sulla libera prestazione di servizi si applicano alla fattispecie considerata. Egli ricorda che i servizi sanitari non sono sottratti all'ambito d'applicazione del Trattato CE e che la sig.ra Watts ha ricevuto tale servizio in cambio di una retribuzione. Il fatto che l'NHS sia un ente interamente pubblico, finanziato dallo Stato e che eroghi assistenza sanitaria gratuita nel luogo della prestazione è irrilevante per stabilire se la fattispecie considerata rientri nell'ambito d'applicazione del Trattato.

Il ruolo dell'NHS è meramente strumentale rispetto alla transazione principale avvenuta tra la sig.ra Watts e l'ospedale in Francia. Non vi è quindi alcun dubbio che la sig.ra Watts era una destinataria di servizi ai fini del Trattato CE.

L'Avvocato generale considera che la mancanza di una procedura chiaramente definita all'interno del sistema NHS per valutare le domande di cura all'estero restringe le possibilità per i pazienti di cercare cure al di fuori del sistema in questione. Essa costituisce pertanto una restrizione della loro libertà di ricevere prestazioni ed è in contrasto con il Trattato CE.

L'Avvocato generale Geelhoed afferma che la procedura di autorizzazione nella sua forma attuale è incompatibile con il Trattato CE. Il mero criterio relativo alla questione se le cure possano essere dispensate in conformità degli obiettivi del piano sanitario dell'NHS non tiene sufficientemente conto delle esigenze individuali dei pazienti.

L'Avvocato generale sostiene che le liste di attesa, perché siano compatibili col diritto comunitario, devono essere gestite in modo dinamico e flessibile, con un riesame regolare e con un massimo di tempi d'attesa, in modo tale da contemperare gli interessi del paziente con la necessità di distribuire risorse limitate. Non è sufficiente, perché una domanda di cure all'estero sia respinta, la giustificazione che le cure richieste possono essere prestate conformemente agli obiettivi del piano sanitario nazionale. Tale decisione deve essere piuttosto adottata tenendo conto della condizione individuale del paziente interessato, in particolare del grado del dolore, della natura dell'infermità e dei precedenti sanitari del paziente. Il sistema dell'NHS di utilizzare liste d'attesa per gestire priorità mediche non può pertanto giustificare un rifiuto di autorizzazione per ricevere cure all'estero.

Inoltre, il fatto che l'autorizzazione può richiedere risorse addizionali al bilancio dell'NHS non può essere una considerazione valida quando si valutano le esigenze di un singolo. Le considerazioni di bilancio sono valide soltanto nell'ambito di domande di cure su vasta scala che pongono a rischio la stabilità finanziaria del sistema. L'Avvocato generale osserva che la funzione della procedura della previa autorizzazione consiste nel consentire agli Stati membri di controllare il deflusso dei pazienti e che l'onere finanziario sostenuto in occasione di cure all'estero deve essere sempre posto a confronto con i costi risparmiati nel lungo periodo, relativi alle cure che, altrimenti, avrebbero dovuto essere prestate dall'NHS.

L'Avvocato generale Geelhoed considera che la nozione di «indebito ritardo» deve essere determinata tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, considerando non solo la condizione sanitaria del paziente, ma anche i suoi precedenti sanitari, e soprattutto se la condizione del paziente renda inaccettabile un ritardo nella prestazione del trattamento. Tempi d'attesa e priorità sanitarie possono essere considerati quando gli stessi sono determinati sulla base di interessi individuali. Gli obiettivi per erogare le cure non soddisfano tale criterio, a causa del loro carattere astratto. La gestione di un'assistenza sanitaria in una situazione di risorse limitate e il fatto che l'assistenza sanitaria sia fornita gratuitamente nel luogo della prestazione, elementi che entrambi si riferiscono all'organizzazione economica dell'NHS, non possono essere considerati.

Qualora uno Stato membro, dopo aver rifiutato la previa autorizzazione, sia tenuto a rimborsare un singolo per le cure ricevute all'estero, secondo l'Avvocato generale, detto rimborso deve avvenire per l'ammontare che sarebbe stato corrisposto se le cure fossero state fornite nello Stato membro di residenza. Se tali tariffe non esistono nello Stato membro di residenza, ad esempio perché le cure sono fornite gratuitamente nel luogo della prestazione, il rimborso deve avvenire per l'ammontare delle spese effettive delle cure, essendo detto ammontare l'unico punto di riferimento restante. Su questo punto l'Avvocato generale osserva che tali tariffe dovrebbero esistere nel Regno Unito in modo tale da determinare le spese mediche che devono essere pagate dai visitatori stranieri che ricevono cure dal NHS.

Quanto alle spese di viaggio e di alloggio sostenute dalla paziente, queste devono essere rimborsate ove il diritto nazionale stabilisca il rimborso di tali spese, qualora le cure siano dispensate nel paese interessato.

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