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🇮🇹 Economia italiana

L’IMPATTO DI BREXIT SULL’ECONOMIA ITALIANA: BOLLETTINO ECONOMICO BANKITALIA

Bollettino Economico n. 3, 2016


BANCA D’ITALIA
www.bancaditalia.it


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Nell’ultimo Bollettino Economico della Banca d’Italia (n. 3/2016), recentemente pubblicato, sono contenuti due interessanti riquadri dedicati ai possibili impatti di Brexit sull’economia internazionale e italiana.

Con riguardo a quest’ultima, nel rapporto si legge che l’esito del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea ha prodotto una situazione di cui è difficile valutare gli effetti macroeconomici, in particolare di lungo periodo; ne risentiranno, in particolare, le scelte di natura politica adottate dalla UE e dai suoi Stati membri.

Molto dipenderà da come ne risulterà condizionato il processo di integrazione europea, che potrebbe subire una battuta d’arresto qualora dovesse prevalere lo scetticismo nei confronti del progetto comune, o che potrebbe invece rafforzarsi, per arginare i rischi di una frammentazione economica e politica.

Il Regno Unito dovrà avviare una fase di negoziazione di nuovi accordi commerciali, verosimilmente di durata prolungata e con esiti incerti, che potrebbe determinare conseguenze rilevanti per l’economia britannica e anche  - seppure in misura minore -  per l’area dell’euro.
Nel breve e medio periodo, i contraccolpi di questa transizione si potranno trasmettere all’economia italiana attraverso diversi canali: i legami commerciali con il Regno Unito; un’accresciuta volatilità sui mercati finanziari; il generalizzato aumento dell’incertezza economica; le ripercussioni sul sistema bancario.

Gli analisti privati e le organizzazioni internazionali valutano, in genere, che i costi per il Regno Unito in termini di minore crescita economica − che dipenderanno anche dai tempi e dagli esiti attesi delle trattative sui nuovi accordi commerciali − potrebbero essere significativi, ma difficili da quantificare.
La maggior parte degli analisti prefigura una possibile perdita di prodotto nell’economia britannica, compresa tra due e cinque punti percentuali, distribuita nell’arco dei prossimi anni. Qualora si registrasse un calo del livello delle importazioni del Regno Unito di dieci punti percentuali (un valore compatibile con i livelli massimi dell’intervallo delle stime dei principali analisti), ne deriverebbe una riduzione della domanda estera rivolta ai prodotti italiani di circa l’1%, in virtù dei legami commerciali diretti dell’Italia con il Regno Unito e di quelli indiretti con le aree coinvolte in relazioni di scambio con l’economia britannica; ne risulterebbe un impatto negativo sul livello del PIL italiano pari a circa un quarto di punto percentuale, distribuito nel corso del triennio 2016-18. A ciò potrebbe aggiungersi una riduzione degli investimenti delle imprese che esportano verso questi mercati.

Rischi più elevati potrebbero materializzarsi in scenari estremi, caratterizzati da un irrigidimento delle condizioni dei mercati finanziari; un più ampio diffondersi di aspettative sfavorevoli sul futuro dell’Unione; un aggravarsi delle tensioni sui titoli bancari o dei rischi per la stabilità finanziaria che -  se non contrastati dall’azione delle politiche economiche - si potrebbero ripercuotere sull’offerta di credito, a seguito di una minore capacità delle banche di reperire risorse finanziarie sul mercato.