Panorama Assicurativo Ania

🇺🇸 Rischio operativo, Banca, Risk management

IL REQUISITO PATRIMONIALE PER IL RISCHIO OPERATIVO NELLE BANCHE: SUPERARE I LIMITI DELLA MODELLIZZAZIONE

Bank capital for operational risk: a tale of fragility and instability

Marc AMES, Til SCHUERMANN, Hal S. SCOTT


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Il rischio operativo – sottolineano gli autori in apertura del paper – risulta essere sostanzialmente diverso da qualsiasi altro tipo di rischio cui è esposto un istituto bancario. E’ implicito e sottostante a qualsiasi attività e prodotto delle banche e – a differenza dei rischi finanziari “convenzionali” (rischio di mercato, rischio di credito) – è più difficile da misurare e da inserire nel risk modeling, né può essere direttamente eliminato attraverso semplici operazioni come, ad esempio, la liquidazione di posizioni finanziarie.

Il rischio operativo ha un’incidenza di norma compresa tra il 9% e il 13% dei rischi totali di una banca, sebbene tali percentuali risultino in rapida crescita (a partire dalla crisi economico-finanziaria del 2008-2009).  Il rischio operativo tende, inoltre, ad essere maggiormente fat-tailed rispetto ad altri rischi e i dati disponibili sono più scarsi: ne risultano, pertanto, modelli meno robusti (lievi modifiche nei dati conducono a impatti significativi sui risultati del modeling) e, quindi, il necessario operational risk capital risulta “instabile”. Peraltro, i requisiti di capitale previsti dalla normativa sono – sorprendentemente – più rigidamente model-focused per questo rischio rispetto a quanto invece accade in relazione ad altre tipologie di rischi (si fa riferimento alla realtà degli Stati Uniti).

Gli autori esprimono particolare preoccupazione in merito all’assenza di incentivi ad investire nei processi di controllo del rischio, al fine di migliorarli e di renderli più efficaci, e indicano quattro possibili percorsi di intervento in questo senso:

  • contrastare la fragilità dei modelli attraverso il riferimento a parametri-chiave (key model parameters) e consentire a ciascuna banca di calibrare il capitale in base ai dati grazie all’uso di metodologie robuste;
  • allentare l’attuale stretto legame tra risultanze di dati statistici e requisiti di capitale previsti dalla normativa, incentivando l’attuazione di un prudente risk management attraverso l’uso congiunto di scenari e fattori di controllo (in aggiunta a modelli statistici data-based) nella definizione del capitale regolamentare;
  • riconoscere benefici per il trasferimento assicurativo del rischio, incoraggiando un più efficace risk sharing attraverso prodotti innovativi;
  • espandere la tassonomia “standard” (tipo di evento/linea di business), includendo ulteriori variabili esplicative (tipo di prodotto, segnalazione della presenza di contenzioso), il che potrebbe permettere un inter-bank sharing maggiormente efficace e l’opportunità di  confronto con passate esperienze.

Finchè non verranno arricchite le conoscenze disponibili nell’ambito del rischio operativo, concludono gli autori, il relativo capitale regolamentare dovrebbe essere basato su metodologie più semplici, più standardizzate, più stabili e più “solide”.