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BANCHE COMMERCIALI, BANCHE DI INVESTIMENTO, CONCORRENZA, VIGILANZA: ALLE RADICI DELLA CRISI NELLA FINANZA STATUNITENSE

Are universal banks better underwriters? Evidence from the last days of the Glass-Steagall Act Working Paper n. 1287, gennaio 2011

Dario Focarelli, David-Marques Ibanez, Alberto Franco Pozzolo


ECB-European Central Bank
http://www.ecb.eu


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La legge nota come “Glass-Steagall Act” è entrata in vigore negli Stati Uniti nei primi anni ’30 come reazione al collasso di una consistente porzione del sistema bancario americano.

La legge ha avuto un forte impatto sulla regolamentazione del sistema bancario statunitense, in quanto ha introdotto la separazione degli istituti a seconda del tipo di business (banche di investimento, ossia “investment banks”, e banche “tradizionali”, ossia “commercial banks”), allo scopo di evitare possibili conflitti di interesse fra le funzioni di prestito, di sottoscrizione titoli e di trading svolte all’interno di una stessa banca.

Dopo oltre 50 anni di vigenza, nel corso degli anni ’80 il Glass-Steagall Act è stato “ammorbidito”, consentendo alle holding di banche commerciali la possibilità di costituire filiali autorizzate a sottoscrivere titoli corporate.

Nel 1999, la definitiva abrogazione della legge in questione ha permesso la costituzione di gruppi bancari in grado – seppure con alcune limitazioni – di esercitare sia l’attività bancaria “tradizionale” sia l’attività di “investment banking”.

Durante la recente crisi finanziaria ci si è chiesti se il progressivo coinvolgimento di “banche tradizionali” nelle attività delle “banche di investimento” potesse avere indotto le prime ad investire in titoli particolarmente rischiosi, contribuendo così all’instabilità del sistema.
Gli autori intendono rispondere a tale quesito. Utilizzano evidenze tratte dall’ultimo periodo di validità del Glass-Steagall Act e analizzano i casi di default riferiti a un campione di circa 4.000 “debt securities” sottoscritte durante il periodo di “allentamento” delle diposizioni in parola.

Rilevano che i titoli sottoscritti da filiali di banche tradizionali risultano caratterizzati da una più elevata probabilità di default rispetto a quelli sottoscritti da banche di investimento. Tale evidenza si rafforza, in particolare, nei primi anni di attività delle filiali.

Sulla base delle evidenze raccolte, pertanto, gli autori non escludono a priori che l’abolizione del Glass-Steagall Act possa aver indotto gli istituti di credito all’utilizzo di criteri meno rigidi per la valutazione della solidità degli emittenti.

Non è in questione – ad avviso degli autori – l’eliminazione delle barriere fra “commercial” e “investment banking”, sancita dall’abrogazione del “Glass-Steagall Act”; piuttosto, devono essere posti all’attenzione i possibili effetti negativi derivanti da una maggiore concorrenza fra banche, in assenza di un'intensificata azione di vigilanza da parte delle Autorità competenti.