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BANCASSICURAZIONE: PROFILI DI EFFICIENZA E MODELLI ALTERNATIVI. UN'ANALISI DELL'ESPERIENZA ITALIANA

Efficiency in the Life Insurance Industry: What are the Efficiency Gains from Bancassurance?

Franco Fiordelisi, Ornella Ricci - Essex Finance Centre and University of Rome III


Social Science Research Network
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L’obiettivo dello studio è quello di effettuare un confronto in termini di efficienza fra imprese di bancassicurazione e imprese vita tradizionali.
La letteratura ha già affrontato la questione, limitandosi però a considerarla alla luce di due soli aspetti: quello della proprietà e quello della distribuzione. Secondo gli autori, non è stata effettuata alcuna analisi empirica volta a valutare le differenze di performance tra strutture di bancassurance alternative (quali, ad esempio, le compagnie captive e le joint-ventures).
Gli autori propongono un’analisi integrata che considera sia gli aspetti proprietari sia quelli distributivi della bancassurance, ponendoli poi a confronto con modelli organizzativi alternativi. E’ preso come riferimento il mercato dell’assicurazione vita italiano nel biennio 2005-2006.

Per la valutazione della “cost and profit efficiency”, il modello elaborato prende in considerazione numerosi fattori indicativi dell’efficienza aziendale (secondo il “modello Battese-Coelli”, 1995). Quanto alle strutture di bancassurance, lo studio effettua una distinzione tra captives (CB), joint ventures (JV) e “other life independent companies” (IC).

Sotto il profilo della “cost efficiency”, i risultati dell’analisi sono generalmente in favore della bancassicurazione; le performance lorde di captives (CB) e joint ventures (JV) appaiono superiori a quelle delle imprese vita indipendenti (IC). In termini di performance nette, per contro, il vantaggio delle captives (CB) sulle “altre imprese” (IC) tende ad annullarsi, mentre si riduce di molto quello delle joint ventures (JV).
Tutto porta a supporre che una miglior performance sia legata a “fattori positivi” quali, ad esempio, la quota di premi raccolta dalle filiali bancarie e la quota di polizze ad alto contenuto finanziario all’interno del “business mix” (prerogativa non esclusiva delle imprese parzialmente /interamente di proprietà di istituti di credito).

Sul fronte della “profit efficiency”, invece, i risultati dello studio non rilevano consistenti evidenze in favore della bancassicurazione: la relazione tra la performance ottenuta e la quota di premi raccolta tramite sportelli bancari è positiva ma non statisticamente rilevante. La quota di prodotti assicurativi ad elevato contenuto finanziario è significativa ma negativamente correlata alla profit efficiency, evidenziando che tali polizze sono meno costose in termini gestionali ma meno brillanti sotto il profilo della redditività.

A parità di condizioni – e considerando i risultati ottenuti in termini di efficienza netta – la joint venture (JV) potrebbe rivelarsi, sul fronte dei costi, una strategia di bancassurance migliore rispetto alla captive company (CB), probabilmente grazie al mix di competenze bancario-assicurative. In linea generale, comunque, tutti i gruppi considerati nell’analisi presentano livelli di performance molto simili.

Gli autori concludono affermando che l’unica certezza proviene dalla convenienza, in termini di costi, all’utilizzo delle reti di sportelli bancari come strumento di distribuzione assicurativa (mentre le imprese di assicurazione non trarrebbero evidenti vantaggi dall’essere proprietarie di un istituto di credito). La creazione di equity links, pertanto, non appare necessariamente come la migliore strategia bancassicurativa e i soggetti interessati dovrebbero considerare forme più flessibili di cooperazione (accordi di cross-selling, alleanze strategiche “non-equity” e quote di minoranza).

Secondo gli autori dello studio, infine, sarebbe utile effettuare approfondimenti per identificare eventuali, ulteriori margini di maggior efficienza attraverso un’analoga esplorazione della realtà bancassicurativa dal punto di vista bancario.