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Assicurazioni

ANNUAL REPORT (2008-2009) DEL CEA: RESOCONTO DI UN ANNO DI LOBBYING

CEA


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Il CEA ha pubblicato l’Annual Report 2008-2009. Il volume riporta i dati rilevanti relativi all’assicurazione in Europa, illustra criticità e problemi per la risoluzione dei quali il settore assicurativo europeo è stato chiamato a impegnarsi (e in merito ai quali il CEA ha aperto alcuni dossiers). Gli argomenti in questione spaziano dalle assicurazioni auto al cambiamento climatico, dalle nuove regole contabili a Solvency II, alla riforma della sanità.

L’obiettivo primario del CEA resta quello di sottolineare il ruolo economico dell’assicurazione (soprattutto la sua capacità di mitigare i rischi e contribuire alla costruzione di ricchezza e sviluppo). Il CEA evidenzia come il modello di business assicurativo meriti speciale considerazione, soprattutto sotto il profilo regolamentare e della vigilanza. In tal senso, non possono essere applicati approcci del tipo “one size fits all” ed è necessario evitare il rischio di “importare” regole da altri settori (ci si riferisce, in particolare, alle problematiche legate ai prodotti finanziari “packaged” e all’estensione della MiFid al settore assicurativo).
Proseguono – con soddisfazione del CEA - i lavori legati a Solvency II (considerata un’efficace risposta alle ripercussioni della crisi) e continua la collaborazione con il CEIOPS al fine di meglio definire le misure di attuazione della direttiva-quadro su Solvency II.
Il CEA mantiene vivo il suo impegno anche su diversi altri fronti: la campagna in favore del rinnovo della Block Exemption Regulation, il dibattito in corso in materia di “insurance guarantee schemes”, i lavori in materia di standard contabili e riforma della vigilanza.

In riferimento all’andamento del settore, il CEA sottolinea che il mercato assicurativo europeo – a causa degli effetti della crisi - non è rimasto immune da una generale contrazione dell’attività (particolarmente evidente nell’ultimo trimestre del 2008), ma gli assicuratori sono risultati comunque poco esposti al rischio di credito.
Le stime riferite al 2008 indicano, pertanto, che la raccolta premi globale in Europa ha raggiunto un totale di 1.060 miliardi (1.183 nel 2007), in calo del 7% in termini nominali.

Il mercato vita europeo è in gran parte guidato da Gran Bretagna e Francia (che raccolgono, rispettivamente, un terzo e un quinto del totale dei premi). La raccolta (643 miliardi di euro nel 2008) risulta comunque in calo dell’11% (erano 766 miliardi nel 2007).
Per quanto riguarda le assicurazioni danni, invece, la raccolta premi – pari a 415 miliardi di euro nel 2008 - risulta in modesta crescita (2%) rispetto all’anno precedente.

Le assicurazioni auto raccolgono, a livello europeo, la maggior parte dei premi (127 miliardi nel 2008, contro 129 nel 2007) imputabili ai rami danni (una percentuale superiore al 31%); i maggiori mercati sono quelli italiano, tedesco, francese e britannico (all’ insieme di questi Paesi si riferisce il 60% dei premi).
Anche l’assicurazione infortuni e malattia raccoglie una quota importante dei premi europei (128 miliardi, contro i 125 del 2007). I mercati caratterizzati da maggiore sviluppo sono quelli di Germania, Olanda e – in minor misura – Francia; ad essi si riferisce più del 70% della raccolta totale.
Il 20% del totale premi non-vita (79 miliardi, +2% rispetto al 2007) è invece ascrivibile ai rami property. Ai tre mercati più attivi (Gran Bretagna, Germania e Francia ) si riferisce il 55% della raccolta a livello europeo.
Infine, il ramo r.c. generale raccoglie l’8% dei premi totali non-vita e mantiene una sostanziale situazione di stabilità (raccolta pari a 32 miliardi nel 2008) rispetto all’anno precedente (34 miliardi).

Anche gli investimenti del settore assicurativo europeo sono sotto pressione, a causa della congiuntura economica: il portafoglio investimenti è in calo (6.800 miliardi di euro nel 2008, contro 7.200 miliardi nel 2007). L’evoluzione degli investimenti è in massima parte guidata dal ramo vita (più dell’80% del totale); i maggiori investitori sono Gran Bretagna, Francia e Germania, paesi ai quali si riferisce il 65% del portafoglio investimenti europeo.