Panorama Assicurativo Ania

🇪🇺 Vita

LE REGOLE PER GLI INVESTIMENTI DEGLI ASSICURATORI VITA EUROPEI: LIMITI QUANTITATIVI O PRUDENT PERSON PRINCIPLE?

M. Bijapur, M. Croci, E. Michelin, R. Zaidi


Financial Services Authority
www.fsa.gov.uk



La regolamentazione degli investimenti delle imprese di assicurazione è argomento di grande attualità, soprattutto alla luce degli sviluppi in corso a livello europeo con il progetto Solvency II.

Al momento manca in Europa, al di là di quanto previsto dalle vigenti direttive, una regolamentazione comune. Gli approcci seguiti nei vari Paesi membri possono essere sostanzialmente ricondotti a due tipologie. Da un lato, quelli basati sull’imposizione di limiti quantitativi relativi a determinate categorie di attivi; dall’altro, quelli fondati sul cosiddetto “Prudent Person Principle”, che richiedono alle imprese di investire in maniera prudente e di seguire principi generali di diversificazione del portafoglio e di matching fra attivo e passivo.

Gli autori del paper cercano, attraverso un’analisi di tipo econometrico, di stabilire se i due approcci abbiano implicazioni di rilievo in termini di efficienza della gestione del portafoglio da parte degli assicuratori vita.

Viene considerato un campione di 268 imprese, operanti in 7 Paesi europei caratterizzati da diversi approcci regolamentari.

I risultati dell’analisi indicano che il tipo di regolamentazione comporta conseguenze di rilievo sui rendimenti dei portafogli delle imprese vita. In particolare, l’imposizione di limiti quantitativi riduce il grado di diversificazione e distorce le scelte, portando in media a rendimenti di due o tre punti percentuali inferiori a quelli ottenibili in presenza di una regolamentazione di tipo Prudent Person.

Un’ulteriore svantaggio della regolamentazione quantitativa è che essa impedisce alle imprese di reagire prontamente al variare delle condizioni del mercato.

Gli autori sottolineano anche alcune cautele che devono essere tenute presenti nell’interpretazione dei risultati. Fra queste, il fatto che la natura delle passività condiziona significativamente la composizione del portafoglio e, per tale via, il livello dei rendimenti ottenibili. Nello studio non si è potuto tener conto dell’incidenza di tale fattore, così come non si sono considerati i pur rilevanti profili fiscali.