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VIGILANZA BANCARIA POCO TRASPARENTE: PROCEDURA DI INFRAZIONE NEI CONFRONTI DELL'ITALIA


Commissione Europea
http://www.europa.eu.int/comm/index_it.htm



La Commissione Europea lo scorso 14 dicembre ha richiesto formalmente al nostro Paese di presentare osservazioni sulle disposizioni della normativa nazionale che disciplinano le decisioni delle Autorità di Vigilanza relative all'acquisizione di partecipazioni in banche italiane da parte di banche di altri Stati membri dell'Unione europea.

Le disposizioni in questione sono la legge bancaria del 1993 e le istruzioni di vigilanza per le banche, che si basano sull'articolo 2359 del codice civile e su una deliberazione del competente Comitato interministeriale.

La Commissione Europea ha avviato tale procedura ritenendo che la regolamentazione italiana consenta un esercizio della vigilanza prudenziale non trasparente nelle procedure e potenzialmente fonte di non certezza del diritto. Ciò potrebbe scoraggiare gli investimenti nel settore bancario italiano da parte di operatori di altri Stati membri, in violazione delle norme del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali (articolo 56) e sul diritto di stabilimento (articolo 43).

La richiesta della Commissione assume la forma di una lettera di costituzione in mora, che costituisce la prima fase della procedura di infrazione prevista dall'articolo 226 del Trattato CE.

Il tutto prende origine all'inizio del 2005 quando si sono succeduti due tentativi di scalata di banche italiane da parte di banche di altri Stati membri dell'UE: una alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL) da parte di Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) e l'altra alla Banca Antonveneta da parte di ABN AMRO.

Questi fatti hanno richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla condotta tenuta dalle Autorità di Vigilanza italiane nei casi di acquisizione di partecipazioni in banche italiane da parte di banche di altri Stati membri.

Vi sono disposizioni consolidate fissate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in materia di disposizioni legislative di disciplina delle procedure di autorizzazione.
Elemento cardine di queste disposizioni è il principio secondo il quale gli investitori devono poter disporre di chiare indicazioni sulle specifiche condizioni oggettive alle quali l'autorizzazione preventiva verrà accordata o rifiutata.

La Commissione teme che il quadro normativo che disciplina attualmente in Italia le decisioni delle Autorità di Vigilanza non sia conforme a dette norme.

La Commissione teme anche che il vigente quadro normativo italiano non preveda tutti i criteri cui occorre far riferimento nella valutazione dell'ammissibilità sotto il profilo prudenziale, in particolare per quanto riguarda la nozione di "controllo".

Una tale carenza potrebbe condurre a situazioni nelle quali le Autorità di Vigilanza potrebbero rifiutare l'autorizzazione per ragioni poco trasparenti, quali "la stabilità del governo societario".

Pertanto, la Commissione ritiene che le disposizioni in materia di autorizzazione applicate dalle Autorità di Vigilanza italiane alle acquisizioni di partecipazioni in banche italiane da parte di istituti di altri Stati membri potrebbero essere incompatibili con il principio della libera circolazione dei capitali e con il diritto di stabilimento degli investitori europei che desiderano acquisire banche italiane (rispettivamente articolo 56 e articolo 43 del Trattato CE).

Come sottolineato dalla Commissione nella sua recente comunicazione sugli investimenti intra-UE nel settore dei servizi finanziari, nel legiferare o nel creare o applicare prassi amministrative, gli Stati membri devono sia rispettare le libertà fondamentali garantite dal trattato CE sia assicurare il rispetto delle disposizioni della Direttiva in materia.

Il caso in esame riguarda tuttavia il diritto primario (ossia le disposizioni del Trattato) applicabile all'esercizio della vigilanza prudenziale, e non la Direttiva bancaria (2000/12/CE).