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GERMANIA: LA DISCIPLINA INTERNA IN MATERIA DI TRATTAMENTO FISCALE DELLE PERDITE SU PARTECIPAZIONI IN SOCIETA’ CONTROLLATE RESTRINGE IL PRINCIPIO DELLA LIBERTÀ DI STABILIMENTO


Corte di Giustizia Europea
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Con la sentenza del 29 marzo scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale C-347/04 avente ad oggetto la domanda proposta alla Corte ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Köln (Germania), nel procedimento tra la società Rewe Zentralfinanz eG (la «Rewe»), stabilita in Germania e agente in quanto successore universale della società ITS Reisen GmbH (la «ITS»), e l’Autorità fiscale tedesca (il Finanzamt Köln-Mitte), in merito alla mancata deducibilità, dai suoi utili imponibili, delle perdite da essa subite per ammortamenti realizzati sul valore di partecipazioni possedute in società controllate stabilite in altri Stati membri.

La legge tedesca del 1990 relativa all’imposta sul reddito prevede che una società controllante, stabilita in Germania, possa dedurre dai suoi utili imponibili le perdite subite per ammortamenti realizzati sul valore di partecipazioni possedute in società controllate stabilite in Germania.

La norma nazionale prevede, poi, che le perdite dello stesso tipo provenienti da partecipazioni in società controllate stabilite in un altro Stato membro siano deducibili unicamente nel caso in cui tali società producano in seguito redditi positivi dello stesso tipo o esercitino un'attività commerciale.

La ITS, società tedesca attiva nel settore del turismo, possiede una controllata nei Paesi Bassi. Nei suoi bilanci annuali per il 1993 e il 1994, la ITS ha effettuato ammortamenti sul valore della sua partecipazione nella sua controllata olandese ed ha chiesto di imputarli a titolo di spese di esercizio ai fini della determinazione del suo utile imponibile in Germania.

Poiché il Finanzamt Köln-Mitte ha rifiutato di prendere in considerazione le perdite connesse ai detti ammortamenti, la Rewe, ha presentato un ricorso dinanzi al Finanzgericht Köln.

Questo giudice ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee una questione pregiudiziale sulla compatibilità con il diritto comunitario delle norme tedesche, applicabili all'epoca dei fatti, relative alla deducibilità delle perdite subite da società controllanti per ammortamenti realizzati sul valore di partecipazioni possedute in società controllate.


Nella sua sentenza, la Corte stabilisce, innanzitutto, che la normativa tedesca costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Infatti, tale normativa applica ai fini fiscali un trattamento diverso alle società controllanti a seconda che le loro perdite derivino da ammortamenti sul valore di partecipazioni possedute in una società controllata residente o meno.

La Corte - rilevando che un trattamento fiscale discriminatorio tra società controllanti, a seconda che dispongano o meno di controllate all'estero, non possa essere giustificata dal semplice fatto che esse abbiano deciso di esercitare attività economiche in un altro Stato membro (nel quale lo Stato interessato non può esercitare la sua competenza tributaria) - respinge l'argomento del governo tedesco, fondato sul rischio di duplice uso delle perdite sostenute all'estero.

La stessa evidenzia che, poiché le predette perdite sono subite dalla società controllante, esse sono prese in considerazione unicamente da quest'ultima e non dalle controllate estere. Per tale motivo non si può parlare di duplice uso delle medesime perdite.

Infine, la Corte sostiene che non vi è nesso, nella normativa tedesca, tra la deducibilità, per la società controllante residente, delle perdite dovute ad ammortamenti sul valore di partecipazioni in società controllate e l'esenzione fiscale in Germania, in forza di convenzioni preventive della doppia imposizione, dei dividendi percepiti da controllate estere.

In mancanza di un nesso di tal genere, l'argomento del governo tedesco basato sulla necessità di salvaguardare la coerenza fiscale non può essere accolto per giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento di cui trattasi.

Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte ha stabilito che la restrizione tedesca alla libertà di stabilimento non è giustificata.