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Dividendi

FRANCIA: LA NORMATIVA INTERNA CHE ASSOGGETTA A RITENUTA ALLA FONTE I DIVIDENDI PERCEPITI DA UNA SOCIETÀ MADRE NON RESIDENTE, MENTRE ESENTA I DIVIDENDI PERCEPITI DA UNA SOCIETÀ MADRE RESIDENTE, RIDUCE LA LIBERTÀ DI STABILIMENTO


Corte di Giustizia Europea
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Con la sentenza del 14 dicembre scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale C-170/05, relativa all’interpretazione dell’art.43 del Trattato CE alla luce della legislazione fiscale francese (art.119 bis, n.2 del Code général del impôts - CGI).

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia, pendente dinanzi al Consiglio di Stato, in merito all’imposizione di dividendi versati dalla Denkavit France SARL e dalla Agro Finances SARL, stabilite in Francia, alla loro società madre, la Denkavit Internationaal BV, stabilita in Olanda.

In base alla normativa francese in vigore all'epoca dei fatti, i dividendi distribuiti da una società residente in Francia ad una società madre non residente in Francia davano luogo all'applicazione di una ritenuta alla fonte con aliquota del 25 %.
Per i dividendi distribuiti da una società residente in Francia ad una società madre egualmente residente nello stesso paese non era, invece, prevista alcuna ritenuta alla fonte.

Peraltro, una società madre avente la sua sede o il suo centro di attività stabile in Francia poteva beneficiare, a certe condizioni, di un’esenzione quasi totale sui dividendi distribuiti dalla consociata. Ad eccezione di una quota del 5%, tali dividendi venivano sottratti dall'utile netto imponibile della società madre e quindi esentati da imposta.

Inoltre, una convenzione franco-olandese, contro le doppie imposizioni, dispone che una società madre residente in Olanda può imputare l'imposta versata in Francia all'importo dell'imposta da pagare nel territorio nazionale. Detta imputazione non deve superare l'importo dell'imposta olandese dovuta su tali dividendi.
Dal momento che le società olandesi sono esentate sul proprio territorio dall'imposta sui dividendi di fonte straniera, ne deriva che non è accordata alcuna riduzione a titolo di ritenuta alla fonte francese.

La Corte di Giustizia intervenuta ha innanzi tutto ribadito che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza dei singoli Stati membri, che devono però esercitarla nel rispetto del diritto comunitario.

La Corte ha precisato che la libertà di stabilimento, riconosciuta ai cittadini comunitari, comporta, per una società costituita in conformità alla normativa di uno Stato membro, il diritto di svolgere la propria attività in particolare attraverso una consociata.

La libertà di stabilimento mira così a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante della consociata, vietando qualsiasi discriminazione, anche minima, fondata sul luogo in cui si trova la sede delle società.

La Corte ha constatato che, indipendentemente dalla convenzione franco-olandese, la normativa nazionale determina una disparità di trattamento fiscale dei dividendi distribuiti da una consociata residente alla società madre, a seconda che quest’ultima sia o meno residente.

Infatti, le società madri residenti hanno la possibilità di beneficiare di un’esenzione quasi totale sui dividendi percepiti, mentre le società madri non residenti sono sottoposte ad una tassazione, attraverso ritenuta alla fonte, pari al 25% dell'importo dei dividendi distribuiti.

Inoltre, a differenza dei dividendi versati alle società madri residenti, quelli versati alle società madri non residenti sono oggetto di un’imposizione a catena in forza della normativa francese.
Così, tali dividendi sono tassati, una prima volta, a titolo d’imposta sulle società posta a carico della consociata residente che li distribuisce e, una seconda volta, in base alla ritenuta alla fonte cui è assoggettata la società madre non residente che ne beneficia.

Per quanto riguarda la convenzione franco-olandese, la Corte ha ricordato che, in mancanza di armonizzazione comunitaria, gli Stati membri, nel rispetto del diritto comunitario, restano competenti in materia di imposizione dei redditi e possono, se del caso, attraverso delle convenzioni, evitare le doppie imposizioni e fissare criteri di collegamento che permettano di ripartire la competenza fiscale tra Stati membri.

Nel riaffermare il principio secondo il quale sono vietate le restrizioni alla libertà di stabilimento, ancorché di portata esigua o d’importanza minore, la Corte ha constatato che dall’applicazione combinata della convenzione franco-olandese e della normativa francese risulta che le società madri residenti beneficiano di un regime fiscale che consente loro di evitare un’imposizione a catena e che le società madri non residenti sono, al contrario, sottoposte a detta imposizione dei dividendi distribuiti dalle loro consociate stabilite in Francia.

Pertanto, la Corte ha dichiarato che il diritto comunitario osta ad una normativa nazionale che prevede, solo per le società madri non residenti, un’imposizione attraverso una ritenuta alla fonte dei dividendi distribuiti dalle consociate residenti, dando pertanto ragione alle ricorrenti.