Panorama Assicurativo Ania

Diritti previdenziali

SVEZIA: ANCHE PER I LAVORATORI MIGRANTI, NEL CALCOLO DELL’IMPORTO DEGLI ASSEGNI PARENTALI, VANNO PRESI IN CONSIDERAZIONE I PERIODI DI ATTIVITÀ SVOLTI ALL’ESTERO


Corte di Giustizia
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Con la sentenza del sedici febbraio scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale C-137/04 relativa all’interpretazione dell’art.48 del Trattato CE.

La presente domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che ha visto opporsi la signora Rockler e l’amministrazione nazionale di previdenza sociale svedese, avente ad oggetto il riconoscimento, ai fini del calcolo dell’importo degli assegni parentali, del periodo di attività durante il quale la stessa era affiliata al regime comune di assicurazione malattia delle Comunità europee.

Dopo aver lavorato come capo cabina per una compagnia aerea la sig.ra Rockler, cittadina svedese, ha occupato un impiego di segretaria presso la Commissione delle Comunità europee. Successivamente essa ha ripreso il suo lavoro di assistente di volo. Lo stesso anno ha avuto una figlia.

A seguito del rifiuto da parte dell’amministrazione nazionale di previdenza sociale svedese di attribuire alla signora Rockler gli assegni parentali, la stessa ha presentato ricorso avverso tale decisione dinanzi al tribunale di primo grado che le ha dato ragione.

L’amministrazione nazionale di previdenza sociale ha a sua volta impugnato tale pronuncia dinanzi al Kammarrätten i Göteborg, che ha riformato la stessa con sentenza 27 dicembre 2000.


La sig.ra Rockler ha presentato ricorso avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale:

- se, in caso di applicazione di una disciplina nazionale quale quella di cui trattasi nella causa principale, l’art. 48 del Trattato CE vada interpretato nel senso che deve essere preso in considerazione il periodo d’attività nel corso del quale un lavoratore è stato affiliato al regime comune di assicurazione malattia delle Comunità europee.

La Corte di Giustizia, pronunciandosi al riguardo, ha dichiarato che una disciplina nazionale quale quella di cui trattasi nella causa principale rappresenta un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietata, in principio, dall’art. 48 del Trattato se non tiene conto, ai fini del calcolo dell’importo degli assegni parentali, dei periodi di attività svolti in affiliazione al regime comune di assicurazione malattia delle Comunità europee.

La Corte ha precisato che un provvedimento restrittivo di una delle libertà fondamentali garantite dal Trattato può essere giustificato solo se persegue uno scopo legittimo, compatibile con il Trattato ma che nella causa in oggetto non è giustificato dando piena soddisfazione alla signora Rockler.