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Sicurezza Sociale

PENSIONE AI TRANSESSUALI: VALGONO LE REGOLE DEL "SESSO DI ARRIVO"

F. Jacobs


Corte di Giustizia
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Il 15 Dicembre scorso l’Avvocato generale F. Jacobs ha presentato le sue conclusioni in merito alla questione pregiudiziale C-423/04 relativa al rifiuto, da parte delle Autorità inglesi, di concedere ad un transessuale, passato dal sesso maschile al sesso femminile, una pensione alla stessa età alla quale si concederebbe ad una donna, che secondo l’Avvocato generale costituisce una discriminazione contraria alla Direttiva comunitaria sulla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale.

Ai sensi del diritto nazionale del Regno Unito, come vigente prima dell'aprile 2005, il sesso di una persona, ai fini della previdenza sociale, è quello attestato nel suo certificato di nascita.

Il certificato di nascita può essere rettificato solo in caso di errore materiale o di fatto. Di conseguenza, il transessuale che si è sottoposto ad intervento chirurgico di cambiamento del sesso non può far modificare il sesso come indicato sul suo certificato di nascita.

Il Gender Recognition Act 2004, entrato in vigore il 4 aprile 2005, consente, a determinate condizioni, il rilascio ai transessuali di certificati di riconoscimento del genere (cioè del sesso psicologico).

Il rilascio di un tale certificato cambia il sesso della persona di cui trattasi per quasi tutti gli scopi ufficiali ma non ha effetto retroattivo.

Nel Regno Unito, hanno diritto alla pensione statale di vecchiaia gli uomini che hanno compiuto 65 anni e le donne che hanno compiuto 60 anni. Tra il 2010 e il 2015, l'età pensionabile verrà gradualmente aumentata, anche per le donne, fino a 65 anni.

Sarah Margaret Richards è nata maschio nel 1942. Soffrendo di disforia sessuale, nel maggio 2001 si è sottoposta a un intervento chirurgico di cambiamento del sesso. Nel febbraio 2002, ha presentato domanda per ottenere una pensione di vecchiaia a partire dal compimento del 60° anno di età, conformemente al sesso femminile da essa acquisito.

La domanda è stata respinta dal Department for Work and Pensions in quanto presentata più di quattro mesi prima del compimento dei 65 anni – ufficialmente, infatti, la sig.ra Richards era ancora considerata un uomo. La sig.ra Richards ha impugnato il provvedimento e il Social Security Commissioner, in sede di appello contro la pronuncia del Social Security Appeal Tribunal, si è rivolto alla Corte di giustizia in via pregiudiziale chiedendo se un tale rifiuto sia in contrasto con la Direttiva comunitaria sulla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale.

L'Avvocato generale ha dichiarato innanzi tutto che, per analogia con la giurisprudenza della Corte, la Direttiva si applica a situazioni in cui una persona subisce una discriminazione in materia di durata del diritto a una pensione legale di vecchiaia per essersi sottoposta ad un intervento chirurgico di cambiamento del sesso.

L'Avvocato generale sostiene che, in una situazione del genere, il corretto termine di paragone, vale a dire la persona rispetto alla quale la situazione della ricorrente deve essere paragonata, è una persona di sesso femminile la cui identità non derivi da un'operazione di cambiamento di sesso.

Nel caso di specie, alla sig.ra Richards viene negata la pensione in circostanze in cui, se fin dalla nascita fosse stata registrata come donna, vi avrebbe avuto diritto.

L'asserita discriminazione risiede nel fatto che il Regno Unito omette di riconoscere alle persone transessuali – nel loro sesso, come acquisito – gli stessi diritti delle persone registrate come appartenenti a quel sesso fin dalla nascita. L'Avvocato generale sostiene pertanto che il diritto comunitario osta a che uno Stato membro rifiuti di riconoscere il diritto alla pensione di vecchiaia prima del compimento del 65° anno di età a un transessuale, passato dal sesso maschile a quello femminile, nel caso in cui tale persona avrebbe avuto diritto alla pensione al compimento del 60° anno se fosse stata considerata come donna sotto il profilo del diritto nazionale.

L'Avvocato generale respinge la tesi del Regno Unito, secondo il quale la situazione rientrerebbe nell'ambito di una deroga alla Direttiva che consentirebbe agli Stati membri di escludere dall'ambito di applicazione della Direttiva stessa la fissazione dell'età pensionabile. Egli rileva che tale deroga ricomprende le norme relative alla fissazione di età pensionabili diverse fra uomini e donne, ma non si estende invece alle norme relative alla determinazione del sesso dell'interessato. Non è pertanto applicabile alla fattispecie in discussione.

Infine, dato il numero relativamente esiguo di persone che sarebbero interessate dalla sentenza, le implicazioni finanziarie della stessa non creerebbero un rischio di gravi ripercussioni economiche nel Regno Unito. Alla luce anche del fatto che il Regno Unito non ha richiesto una tale limitazione, l'Avvocato generale non ritiene necessario che la Corte limiti l'efficacia temporale della propria sentenza.