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Libera circolazione dei lavoratori

LUSSEMBURGO: LA NORMATIVA NAZIONALE CONTRASTA CON IL PRINCIPIO COMUNITARIO RELATIVO ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI

Corte di Giustizia



Con la sentenza del ventisette ottobre scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale C-165/05, ex art. 226 del Trattato CE, sollevata dalla Commissione Europea contro il Granducato del Lussemburgo riguardante il fatto che quest’ultimo, in contrasto con il regolamento CEE n°1612 del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, prevede nel suo diritto interno che i cittadini di uno Stato terzo, sposati con lavoratori migranti nell’Unione Europea, debbano ottenere un permesso di soggiorno.

L’art.11 del predetto regolamento statuisce, infatti, che il coniuge e i figli a carico fino a 21 anni di età di un cittadino di uno Stato membro, che esercita sul territorio dello stesso un’attività di lavoro dipendente o autonoma, hanno il diritto di accedere a tutte le attività lavorative nel territorio di questo stesso Stato, anche se essi non hanno la nazionalità di uno Stato membro comunitario.

Di contro, l’articolo 1 del regolamento del Granducato di Lussemburgo del 12 maggio 1972, che individua le misure applicabili per l’impiego dei lavoratori stranieri nel territorio del Granducato di Lussemburgo, stabilisce che nessuno straniero può, sul territorio lussemburghese, occupare un lavoro, manuale o intellettuale, senza essere stato autorizzato secondo quanto prescritto dalle disposizioni di tale regolamento.

Ovviamente tale regolamento non trova applicazione per i cittadini di un altro Stato membro o di uno Stato facente parte dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo.

La Commissione aveva inoltrato una lettera di messa in mora al Granducato di Lussemburgo il 3 aprile 2003 invitando lo stesso a uniformare il suo diritto interno a quello comunitario entro due mesi dall’avvenuta notifica del presente avviso motivato, nel quale veniva menzionato che tanto la legislazione che la pratica lussemburghese, per il fatto di prevedere l’obbligo del permesso di lavoro per i cittadini degli Stati terzi sposati con dei lavoratori migranti nell’Unione Europea, contrastavano con l’articolo 11 del regolamento CEE n°1612 del 1968.

Il 23 settembre 2003 le Autorità lussemburghesi avevano risposto alla Commissione trasmettendole i principi applicabili in materia di consegna di un permesso di lavoro.

Il 16 aprile e il 20 luglio 2004 la Commissione ha indicato alle Autorità lussemburghesi che un cambiamento del diritto interno era necessario e non avendo ricevuto, dopo tale richiesta, alcuna risposta ha deciso di intraprendere questo ricorso.

La Corte di Giustizia, pronunciandosi al riguardo, ha dichiarato e sentenziato affermando che disponendo nel suo diritto interno l’obbligo di ottenere un permesso di lavoro per i cittadini degli Stati terzi sposati con dei lavoratori migranti dell’Unione Europea e non uniformando la propria legislazione a quella comunitaria, il Granducato di Lussemburgo non ha rispettato quanto previsto dall’art.11 del regolamento 1612/68 e lo ha condannato al pagamento delle spese per la causa in oggetto.