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Pensioni

ITALIA: L’INTEGRAZIONE AL MINIMO NON VA ACCORDATA SE IL REDDITO FAMILIARE SUPERA IL LIMITE REDDITUALE PREFISSATO


Corte di Giustizia
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Lo scorso 4 maggio l’Avvocato generale si è pronunciato sulla questione pregiudiziale C-30/04 relativa all’intepretazione dell’art.46 n.2, lett.a), del regolamento n.1408/71 che stabilisce le condizioni per la concessione delle prestazioni di vecchiaia e di morte per il lavoratore che è stato soggetto alla legislazione di due o più Stati membri.

L’art.46 tende a porre rimedio a quelle situazioni in cui la normativa di uno Stato membro nega in tutto o in parte le prestazioni a tale lavoratore perché sono stati compiuti periodi insufficienti di assicurazione o di residenza in un altro Stato membro.

Lo stesso articolo dispone che:
a) in base al principio del cumulo l’Istituzione competente calcola l’importo teorico delle prestazioni cui il soggetto avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione e/o residenza, compiuti sotto le legislazioni degli Stati membri alle quali il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto, fossero stati compiuti nello Stato membro in questione e sotto la legislazione che essa applica alla data della liquidazione ;
b) in base al principio del pro-rata l’Istituzione competente determina l’importo effettivo della prestazione in base all’importo teorico tenendo proporzionalmente conto della durata dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti, secondo la legislazione nazionale della stessa, rapportata alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti sotto la legislazione di tutti gli Stati membri in causa.

La presente causa prendeva origine dalla controversia esistente tra la Sig.ra Ursel Koschitzki titolare di una pensione di vecchiaia dall’ottobre 1996 e l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS).

La Sig.ra Koschitzki avendo maturato 5 anni in Italia e 10 anni circa in un altro Stato membro per la legge italiana aveva diritto a un importo teorico della pensione inferiore alla pensione minima e l’integrazione di questa al livello minimo previsto per legge dipendeva dal fatto che il reddito familiare della richiedente era inferiore al limite reddituale indicato per legge.

La Sig.ra Koschitzki disponendo nel 1996 di un reddito familiare superiore al limite reddituale non aveva ottenuto dall’INPS l’integrazione al minimo dell’importo della sua pensione e pertanto aveva presentato ricorso dinanzi al Tribunale di Bolzano, che facendo riferimento ad una precedente sentenza Stinco e Panfilo dava ragione alla Sig.ra per quanto riguarda la modalità di calcolo pro-rata che prende in considerazione la pensione virtuale integrata. La stessa sentenza citata però non specifica se l’integrazione debba essere presa in considerazione anche nel caso in cui il reddito familiare supera il tetto indicato dalla legge italiana.

Per questo motivo il Tribunale di Bolzano ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte di Giustizia una questione pregiudiziale volta a stabilire se l’art.46, n,2, lett.a) del regolamento n.1408/71 debba essere interpretato nel senso che la base di calcolo del pro-rata sia costituita dalla pensione integrata al minimo anche nel caso in cui il reddito familiare del soggetto superi i limiti di reddito sanciti dalla legge nazionale per l’integrazione al trattamento minimo.

L’Avvocato generale, pronunciandosi sulla questione pregiudiziale proposta dal Tribunale di Bolzano, ha affermato che: “nel determinare l’importo teorico della prestazione su cui si basa il calcolo della pensione pro-rata l’INPS deve procedere all’integrazione al minimo della pensione solo se il soggetto interessato ha compiuto in Italia tutti i periodi assicurativi e/o di residenza compiuti nell’Unione Europea”.