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Sicurezza Sociale

GERMANIA: DISPARITÀ DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE NELLA DETERMINAZIONE DELLA RENDITA ASSICURATIVA


Corte di Giustizia
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Con la sentenza del tredici gennaio scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale C-356/03, ex art. 234 del Trattato CE, sollevata dal giudice del rinvio tedesco, in merito all’interpretazione dell’art. 119 del Trattato CE, dell’art. 6, n. 1, lett. g), della direttiva del Consiglio 24 luglio 1986, 86/378/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale, della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

Tale pronuncia prendeva origine dalla controversia esistente tra la signora Elisabeth Mayer e l’Ente di previdenza dei dipendenti dell’amministrazione dello Stato e dei Länder tedesco, in merito alla presa in considerazione di periodi di congedo di maternità per il calcolo dei suoi diritti ad una rendita assicurativa.

La signora Mayer, ora avvocato, è stata impiegata dal 1° gennaio 1990 al 30 settembre 1999 nel pubblico impiego del Land Renania-Palatinato (Germania) ed iscritta obbligatoriamente all’Ente previdenziale dei dipendenti dell’amministrazione dello Stato e dei Länder tedesco. Essa ha beneficiato del congedo legale di maternità dal 16 dicembre 1992 al 5 aprile 1993, nonché dal 17 gennaio al 22 aprile 1994.

Durante i suoi congedi di maternità, la signora Mayer, che era iscritta ad una cassa privata di malattia, ha percepito l’assegno di maternità versato dallo Stato ed il supplemento a quest’ultimo versato dal datore di lavoro in misura pari alla differenza tra il primo e l’ultima retribuzione netta. Durante i suoi congedi di maternità, la signora Mayer non ha percepito redditi soggetti a contribuzione nel regime previdenziale integrativo ai sensi dell’art. 29, n. 7, dello statuto dell’Ente previdenziale dei dipendenti dell’amministrazione dello Stato, per i quali il suo datore di lavoro era obbligato a versare contributi mensili. Di conseguenza, nel calcolo dell’importo della rendita assicurativa l’Ente non ha preso in considerazione le prestazioni da essa percepite da parte del suo datore di lavoro durante i congedi di maternità e la Mayer ha pertanto richiesto che i suoi periodi di congedo di maternità fossero presi in considerazione in sede di calcolo dei diritti alla rendita assicurativa da essa acquisiti.

Non vedendosi accolto il primo ricorso presentato ai giudici di primo grado avverso il comportamento tenuto dall’Ente previdenziale, la signora Mayer propose un secondo ricorso dinanzi al Bundesgerichtshof (giudice del rinvio), e suggerì che la controversia fosse sottoposta alla Corte di Giustizia per ottenerne una decisione pregiudiziale.

Il giudice del rinvio interessato del caso considerò contrario al principio di parità di trattamento, come definito dalla direttiva 86/378, modificata successivamente dall’art. 6, n. 1, lett. g) della direttiva 96/97, il fatto che i periodi di congedo di maternità della signora Mayer non siano stati presi in considerazione e inoltre ritenne possibile che vi fosse stata nel caso in oggetto una violazione dell’art. 119 del Trattato CE, che sancisce il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro. Ritenendo, pertanto, che la normativa nazionale applicabile fosse incompatibile con il diritto comunitario, il giudice del rinvio decise di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione al giudizio della Corte di Giustizia.

Il giudice europeo, pronunciandosi sulla controversia, ha affermato che la normativa tedesca, la quale preveda che la lavoratrice non acquisti diritti ad una rendita assicurativa compresa in un regime previdenziale integrativo durante il congedo legale di maternità retribuito in parte dal datore di lavoro, in quanto l’acquisto di tali diritti è assoggettato alla condizione che la lavoratrice percepisca un reddito imponibile durante il congedo di maternità, contrasta con la Direttiva comunitaria che statuisce il principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale.