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GRAN BRETAGNA: L’IMPOSTA SUI PREMI ASSICURATIVI È COMPATIBILE

Corte di Giustizia



Con la sentenza del ventinove aprile scorso la Corte di Giustizia si è pronunciata sulla questione pregiudiziale, ex art. 234 del Trattato CE, sollevata dal Giudice inglese in merito all’interpretazione, da un lato, della sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari e, dall'altro, degli artt. 87 e 88 del Trattato CE.

In particolare, il giudizio a quo, che è stato sospeso in attesa della decisione della Corte di Giustizia Europea, traeva origine dal ricorso, avente ad oggetto la riscossione, sui contratti di assicurazione collegati a talune prestazioni di servizi, di un’imposta sui premi assicurativi ad un’aliquota più elevata rispetto a quella che si applica agli altri premi assicurativi, proposto dalla GIL Insurance e da altre società di locazione e di vendita al dettaglio, che operano in Gran Bretagna come intermediari assicurativi soggetti ad imposta, costituitesi in giudizio contro i Commissioners of Custums and Excise (organi responsabili dell’amministrazione, della riscossione e del rimborso dell’ Insurance Premium Tax e dell’IVA).

Ma cosa era accaduto? Nel 1994 una legge, il Value Added Tax Act, recepì in Gran Bretagna le disposizioni dell’art. 13 B, sub a), della sesta direttiva comunitaria, che prevedevano che le prestazioni di servizi assicurativi e di servizi connessi erano esentate dall’imposta sul valore aggiunto.
Contestualmente venne introdotta un’imposta sui premi assicurativi (Insurance Premium Tax: la «IPT») con un’aliquota del 2,5%. L’IPT è un’imposta che colpisce la riscossione, da parte di un assicuratore o di un intermediario assicurativo soggetto ad imposta, dei premi incassati nell’ambito di contratti di assicurazione.

Con la Finance Act del 1997 (legge finanziaria), l’aliquota base dell’IPT venne elevata dal 2,5% al 4% e si introdusse una seconda aliquota, detta «aliquota più elevata» pari al 17,5%, che si applica solo ai premi assicurativi relativi agli elettrodomestici, alle automobili e ai viaggi.

La finalità che il Governo britannico voleva perseguire con l’introduzione dell’IPT era quella di frenare la tendenza, per i fornitori di elettrodomestici, di sostituire progressivamente i contratti di servizi di riparazione e di manutenzione degli elettrodomestici dati in locazione o messi in vendita, assoggettati all’IVA all’aliquota base del 17,5%, con contratti di assicurazione accessori ai contratti di locazione o di vendita “assicurazioni collegate”, al fine di usufruire dell’esenzione dall’IVA di cui beneficiano le operazioni di assicurazione.

L’introduzione dell’IPT ad un’aliquota molto meno elevata dell’aliquota base dell’IVA tuttavia non riuscì ad invertire la tendenza sopra citata. Pertanto, nel 1994, la maggior parte delle assicurazioni contro i difetti meccanici degli elettrodomestici veniva venduta per il tramite del fornitore di tali apparecchi e solo una piccola parte era venduta direttamente dagli assicuratori.

Ciò comportò, alla lunga, un mancato guadagno per l’Amministrazione tributaria britannica che corse ai ripari nel 1997 introducendo, proprio per questa tipologia di assicurazioni collegate, una seconda aliquota di IPT, equivalente all’aliquota base dell’IVA, in quanto l’Amministrazione riteneva che i fornitori di elettrodomestici, manipolando i prezzi fissati per gli apparecchi e per le corrispondenti assicurazioni, potessero usufruire dell’esenzione dall’IVA di cui beneficia la fornitura di servizi di assicurazione.

Questo provvedimento ha avuto come conseguenza una modifica del comportamento dei fornitori, che sono ritornati ai contratti di servizio ordinari per gli elettrodomestici forniti e la quota delle assicurazioni dirette è aumentata.
Le Società ricorrenti si erano rivolte al Giudice inglese contestando l’applicazione a loro carico dell’aliquota più elevata a loro non applicabile. Esse richiedevano il rimborso degli importi pagati a titolo dell’aliquota più elevata dell’IPT facendo valere le seguenti motivazioni ovviamente tutte contestate dai convenuti:

1) l’applicazione della nuova aliquota rappresenterebbe un provvedimento in deroga alle disposizioni della sesta direttiva e richiederebbe una preventiva autorizzazione che non è stata mai né chiesta né ottenuta;

2) l’aliquota più elevata potrebbe essere considerata come un’imposta sulla cifra d’affari del tipo non consentito dall’art. 33 della sesta direttiva;

3) la differenza tra l’aliquota più elevata e l’aliquota base dell’IPT costituirebbe un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE, di cui la Commissione delle Comunità europee non era stata informata in conformità all’art. 88 CE.

La Corte di Giustizia pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Giudice inglese ha dichiarato che:
a) l’imposta sui premi assicurativi principale è compatibile con l’art. 33 della sesta direttiva 77/388/CEE;
b) inoltre l’introduzione di un’aliquota speciale identica all’aliquota base dell’IVA, in quanto compatibile con l’art. 33 della sesta direttiva, non richiede una previa autorizzazione del Consiglio dell’Unione europea.

Si allega il testo della Direttiva 77/388/CEE